Dalla “Fraternità cristiana” di Ratzinger a “Fratelli tutti” di Bergoglio. Ne parliamo con don Simone Billeci.

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di Francesco Inguanti

L’ultima Enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” offre numerosi spunti di discussione e riflessione, a partire dal titolo. Al di là delle speciose polemiche che su di esso si sono innestate, la Fraternità è certamente un argomento di grande interesse per tutti. Abbiamo posto alcune domane a tal proposito a don Simone Billeci, Direttore della Scuola Teologica di base di Monreale e rettore del Santuario “Beata Maria di Gesù Santocanale” di Cinisi.

In un suo ultimo articolo ha scritto del significato della “tradizione” e del “rinnovamento” nella Chiesa e questi in relazione agli ultimi due pontefici: cosa ci dice, invece, riguardo all’ultima Enciclica di Francesco?

Penso che l’ultima Enciclica di Papa Francesco, dal titolo “Fratelli tutti”, mostri ancora una volta la continuità di pensiero con il suo predecessore, ma anche la discontinuità e per certi versi anche la novità.

Cominciamo dalla prima: la continuità.

Quando in questo contesto parlo di continuità mi riferisco essenzialmente alla presa in esame di un argomento tenuto in debita considerazione tanto dell’allora teologo bavarese quanto da Papa Bergoglio, ovvero la fraternità.  Ratzinger, infatti, lo ha dimostrato sin dai tempi della sua docenza, scrivendo un lungo articolo pubblicato in un dizionario di lingua francese e poi tradotto in italiano ed offerto al largo pubblico in un bel testo dal titolo “La fraternità cristiana”.  Francesco, invece, lo sta mostrando col suo intero magistero pontificio, nonché in una Enciclica interamente dedicata ad essa.

E quanto alla discontinuità?

La discontinuità appare con tutta evidenza già nei titoli dei suddetti testi, i quali sintetizzano ed esprimono bene il diverso modo di intendere la fraternità.  Infatti, se Ratzinger tiene ad associare al termine “fraternità” quello di “cristiana”, ponendosi dunque in una dimensione esclusivista, Francesco usando invece l’espressione “tutti” sottolinea più una dimensione inclusività.

La discontinuità si giocherebbe dunque soltanto nell’ambito terminologico impiegato?

Assolutamente no, anche se quanto rilevato non è da sottovalutare. Se le parole infatti hanno un loro significato proprio, non si potrà sottovalutare, nello studio del pensiero di un autore, la preferenza dei termini utilizzati.  In realtà, a mio avviso, è proprio la terminologia impiegata a marcare già la discontinuità tra i due pontefici.  Infatti, se il tema della fraternità è affrontato dal teologo tedesco con toni dogmatici, il medesimo tema è sviluppato da Francesco non limitandosi al mero linguaggio teologico.

Si può dire allora che i destinatari sono diversi

Esattamente. La teologia ratzingeriana, infatti, appare fortemente segnata dal tentativo di dialogo con scienze naturali e filosofia, e dal confronto serrato col mondo riformato che in Germania risiede. Al contrario, la riflessione di Bergoglio mira all’uomo in quanto tale, e non all’uomo-scienziato, all’uomo-teologo o all’uomo-filosofo.

E allora la novità in che cosa consisterebbe?

Penso che la novità apportata da Francesco consista nel fatto che non si può parlare di “fraternità cristiana” se non ci si riconosce anzitutto appartenenti al medesimo genere umano, e dunque “fratelli tutti” in quanto uomini.   Ancora oggi, infatti, come ho dimostrato in altre sedi, vale sempre quel principio tanto antico quanto nuovo e che la scolastica medievale ha ben formulato nell’assioma: gratia supponit naturam.

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