Il mio cellulare è diventato un “ambone” dal quale quotidianamente annuncio il Vangelo

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Oggi pubblichiamo l’intervista fatta a don Giacomo Sgroi, arciprete parroco della Chiesa Madre di Carini.

 

Don Giacomo cosa le provoca la visione non solo della chiesa, ma soprattutto della parrocchia senza bambini e adulti?

I Decreti Governativi che nel corso di questa pandemia da covid-19 sono stati emanati non hanno determinato la chiusura delle nostre chiese ma solo la sospensione – recepita dalla C.E.I. – delle celebrazioni con il concorso dei fedeli. Sappiamo che questa scelta – sofferta e dolorosa per i credenti – è motivata dal fatto di evitare i contagi e, quindi, per la salute dei fedeli. Ad ogni modo la nostra chiesa madre è rimasta aperta per accogliere quei fedeli che, trovandosi a passare dalla piazza per essere stati in farmacia o a fare la spesa, sono entrati per la preghiera personale davanti alla venerata immagine del SS. Crocifisso o per una visita al SS. Sacramento. Ho avuto modo di leggere la nostalgia e il desiderio nei volti di tanti cristiani di venire ad abitare nuovamente la casa del Signore. Certamente per me sacerdote, e da pochi mesi parroco di questa comunità, è un momento doloroso. Il silenzio assordante che regna in chiesa e nei locali parrocchiali è difficile da accettare; celebrare in solitario, pur nella certezza di essere unito spiritualmente ai fedeli, è triste. La Liturgia è “azione del popolo”! All’inizio di questa pandemia è stato molto faticosoconsiderare questa verità, ma di giorno in giorno, ho potuto sperimentare che nonostante tutto, la comunità ha continuato a essere convocata, a pregare e a sperare insieme.

 

Come ha utilizzato i mezzi di comunicazione (telefono e web innanzitutto) per continuare i rapporti con i parrocchiani?

Quando ho affermato che nonostante la distanza che la pandemia ha prodotto, la comunità ha continuato adessere convocata per la preghiera e la catechesi, debbo con grande onestà riconoscere che il merito di tenere uniti parroco e fedeli è stato solo dei Social. Il telefonino è diventato lo strumento essenziale al mio ministero in questo tempo. Da quando il Dpcm dell’8 marzo 2020 ha decretato il divieto di mobilità e la sospensione di tutte le attività cultuali e catechetiche, comprese le esequie, con la presenza e la partecipazione dei fedeli, mi sono subito attivato affinché il filo di contatto con i fedeli non venisse interrotto. Mi sono subito cimentato nonostante giungesse qualche opinione contraria – a trasmettere dalla pagina face book della chiesa madre di Carini, la preghiera del S. Rosario, la diretta della S. Messa, le brevi catechesi ai bambini, i testi della preghiera in famiglia. Ho subito notato che gli ascolti, le visualizzazioni, le condivisioni, crescevano di giorno in giorno. Molti fedeli erano e sono puntuali a collegarsi alle dirette e con una partecipazione devota che si esprimeva con l’indicazione delle proprie intenzioni di preghiera e con le acclamazioni spontanee o tratte dalla liturgia. Ho sempre curato la dignità e la bellezza delle celebrazioni, con la cura dei luoghi di culto, della suppellettile sacra, le vesti liturgiche e con il canto sacro. Ho subito intuito che i parrocchiani avevano bisogno di rivedere la “propria chiesa”, il “proprio parroco”, “i propri luoghi”. Certamente le celebrazioni trasmesse in TV o nei canali nazionali venivano seguiti, soprattutto le celebrazioni presiedute dal Santo Padre Francesco a cui si dava priorità. Ma le azioni liturgiche trasmesse dalla chiesa parrocchiale o dalle altre chiese di Carini, sono state molto apprezzate. Il mio cellulare è diventato un “ambone” dal quale quotidianamente annuncio il vangelo.

 

C’è un settore che non può essere fermato: quello della carità. Come ha affrontato le problematiche che ne sono connesse?

All’inizio della pandemia, l’urgenza principale è stata quella di accogliere tante famiglie che venivano ad ogni ora a bussare alla porta della canonica per chiedere aiuti alimentari ed economici. La Caritas parrocchiale è stata attiva per settimane, raccogliendo aiuti e fondi per venire incontro alle numerose richieste. Gli operatori della Caritas parrocchiale, insieme a me, si ritrovano giornalmente ad organizzare il magazzino per ladistribuzione delle derrate alimentari ai fedeli. È bastato un appello rivolto alla comunità per innescare una gara di solidarietà che commuoveva di volta in volta. Da tanti fedeli, dai supermercati, dai panifici, dal centro commerciale, dalle farmacie della città, dagli Scout, da diverse associazioni, dai carinesi residenti all’estero e negli USA, sono giunti aiuti di ogni genere. Soprattutto per i prodotti per bambini (pannolini, omogeneizzati, prodotti per l’igiene, ecc..). Sono state fatte numerose distribuzioni, per un totale di circa 400 famiglie raggiunte. La chiesa madre, a motivo dei locali parrocchiali troppo piccoli e non idonei per garantire la distanza interpersonale, è diventata la casa dei poveri, all’interno della quale sono state effettuate l’accoglienza delle famiglie, l’ascolto dei loro bisogni e la consegna dei pacchi spesa. Da dopo Pasqua è stato costituito un “Centro unico di solidarietà” coordinato dalla Protezione Civile e costituito dalle Caritas Parrocchiali della Città, dai Carabinieri, dalla Polizia Municipale, dalla Guardia di Finanza, dagli Scout e dai Servizi Sociali del Comune di Carini.  Le derrate alimentari donate alle Parrocchie dalla Caritas Diocesana, dal Banco Alimentare, e quelle provenienti dalle donazioni dei fedeli, dei Supermercati e dei Centri Commerciali, insieme a tutte le raccolte benefiche ricavate da diverse associazioni e gruppi scout locali confluiscono nel Centro unitario di stoccaggio. Le richieste di aiuto pervenute alle parrocchie vengonovagliate dagli organi competenti per una equa distribuzione a coloro che non percepiscono alcun tipo di reddito e di sussidio. L’avvio di questo centro di coordinamento e stoccaggio ha determinato una più corretta ed omogenea assistenza verso i cittadini che in questo periodo sono in difficoltà.  La preparazione e la distribuzione dei pacchi spesa è affidata agli operatori dei servizi sociali ai volontari delle Caritas parrocchiali e della Protezione Civile. 

 

Come è continuato il catechismo a distanza?

Le catechiste sono state sempre vicine ai vari gruppi di catechismo, fornendo loro sussidi per la preghiera in famiglia e per l’approfondimento del Vangelo e dei misteri della fede. Anche io ho registrato diversi video per raggiungere i bambini, per commentare il Vangelo e soprattutto per incoraggiarli. È stato necessario prendere la decisione di sospendere la celebrazione delle primeconfessioni e delle prime comunioni già programmate, e di rinviarle al prossimo anno pastorale. È stata una scelta fatta insieme agli altri parroci della città e ai catechisti, sia per venire incontro alle difficoltà in cui si sarebbero trovate le famiglie, sia per meglio preparare a questi importanti sacramenti i bambini, già stressati dalle attività didattiche a distanza e dalle quotidiane live a cui sono sottoposti.

 

Come hanno vissuto queste settimane i suoi parrocchiani l’appartenenza alla comunità cristiana?

I fedeli più anziani, che non hanno dimestichezza con i social, purtroppo sono rimasti tagliati fuori dalle attività che abbiamo promosso. Laddove ci sono i nipoti, si collegano ai diversi momenti celebrativi. Ma tutti coloro – e sono veramente tanti – seguono, rispondono con grande generosità. Nelle case – divenute ormai chiese domestiche – è stato fatto allestire un altare per la preghiera, con una bella tovaglia, un cero da accendere durante le liturgie e la preghiera, con l’immagine del Crocifisso o della Madonna, e la Bibbia aperta sul vangelo del giorno. Dai commenti che leggo successivamente alle dirette, vedo che tanti si scambiano il saluto iniziale e finale, si condividono le intenzioni di preghiera. C’è una vera e propria unità nella fede e nella carità.

 

Vi sono esperienze accadute in questo periodo particolarmente significative che ha avuto modo di conoscere?

In verità sono tante le esperienze che in questo tempo mi hanno profondamente commosso ed edificato come cristiano e come pastore. La prima è la profonda fede dei fedeli che in alcuni quartieri hanno promosso la recita del S. Rosario dai balconi di una stessa via o nello stesso condominio. Poi ricevo coraggio e forza dal gruppo dei piccoli ministranti che si è creato in questi mesi in parrocchia: spesso mi inviano messaggi nei quali mi dicono il loro dispiacere per non poter venire in chiesa a servire la Messa. Alcuni di loro indossano la tunichetta per seguire la messa trasmessa via facebook. E poi ci sono i gesti più delicati di amore verso il Signore di chi raccoglie i fiori dal proprio giardino e li porta in chiesa per metterli davanti al tabernacolo o al SS. Crocifisso. Tutto questo mi riempie il cuore di speranza per la ripresa della vita ordinaria della comunità cristiana, soprattutto del suo ritrovarsi attorno all’Eucaristia.

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