E se ripartissimo dal “Buono scuola”?

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di Francesco Inguanti

È ormai pressoché certo che a Natale avremo il nuovo governo della Regione Siciliana. Se così non fosse chiederemo che ce lo portino i Re Magi.

Queste settimane che mancano saranno utili oltre che a scegliere i nuovi assessori anche per individuare le prime scelte politiche di cui vorrà farsi carico il nuovo Governo della Regione. È quindi il momento opportuno per chiedere ai deputati, al futuro Assessore regionale per l’Istruzione e la formazione professionale (sempreché non cambi dicitura) e all’onorevole Renato Schifani, già ora Presidente della nostra Regione, di pensare ad un provvedimento che sta a cuore a molte famiglie: il sostengo alle scuole paritarie.

Il problema, solo apparentemente complesso, può essere sinteticamente riassunto il tre punti:

  1. L’art. 33 della Costituzione che dice: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Da 70 anni si tenta di dare una interpretazione volta a sostenere solo tutte le scuole che siano statali.
  2. La legge 62 del 10/03/2000 che ha introdotto la duplice distinzione tra le scuole paritarie e le scuole non paritarie, ancora non tutta da attuare, eliminando a monte la errata distinzione tra scuole pubbliche e scuole private.
  3. Gli articoli 14 e 17 dello Statuto regionale che indicano le competenze esclusive e concorrenti in tema di istruzione.

Malgrado questo significativo impianto normativo le scuole paritarie, e anche quelle dell’infanzia, soffrono in Sicilia una significativa carenza di sostegno che provoca una forte diminuzione dell’esercizio della libertà di educazione da parte delle famiglie.

Ciò che riesce difficile capire è perché in Italia questo problema non si mai stato affrontato con decisione, non foss’altro perché in Europa il sistema integrato dell’istruzione è ampiamente diffuso e funziona egregiamente. Su questo tema un po’ più di europeismo convinto e concreto non guasterebbe.

La causa di tutto ciò è di origine culturale, ma la risposta non può che essere politica.

Lo statalismo diffuso e persistente in tutti gli strati della popolazione e delle forze politiche nostrane porta da sempre gli italiani a delegare il più possibile ogni responsabilità allo Stato, così da riservare a ciascun cittadino il diritto di non essere d’accordo.

La risposta non può che essere politica e concreta perché ogni anno assistiamo alla chiusura di scuole dell’infanzia gestite, soprattutto nei piccoli comuni, da istituti religiosi che non sempre vengono sostituite da servizi statali o comunali. Ma anche gli istituti superiori non godono maggior salute.

La conseguenza di tutto ciò è che il luogo comune secondo cui soli “i ricchi” possono permettersi di mandare i figli in una scuola paritaria corrisponde al vero, mentre le famiglie con minore disponibilità economica devono necessariamente utilizzare il sistema educativo pubblico. Che poi queste scuole paritarie, spesso siano le sole in grado di offrire pochi ma significativi contributi alle famiglie più povere non è mai sufficientemente noto.

Citiamo a tal proposito un esempio che riguarda la città di Catania, che a causa del dissesto finanziario che ha colpito il Comune, ha chiuso diverse scuole dell’infanzia gestite dallo stesso ente locale. Di fronte a questa chiusura l’istituto Francesco Ventorino è stato l’unico soggetto che ha risposto ad un bando del Comune di Catania per evitare la chiusura della scuola comunale dell’infanzia “Mammola” in un quartiere periferico. La Fondazione Ventorino, infatti, si è assunta in toto i costi relativi al personale e ai servizi ed ha, al contempo, rinnovato integralmente arredi, dotazioni e materiali didattici della scuola; ciò permette da alcuni anni a quaranta bambini (ed alle loro famiglie!) di continuare a fruire – gratuitamente – della scuola nel loro quartiere.

Questo esempio è utile per richiamare tutti ad un altro fatto grave, se non scandaloso. Le scuole primarie di tutta Italia, fino alla Calabria ricevono dallo Stato 19.000 euro per alunno l’anno. In Sicilia invece 8.000 perché abbiamo lo Statuto speciale e dovremmo pagarle con il nostro bilancio regionale. Ma da sempre nel bilancio regionale non si trovano i soldi per questa spesa.

La particolarità del momento politico e sociale che viviamo ci permette di affrontare questa delicata questione con la concretezza che richiede. Storicamente in Italia e negli anni scorsi in Sicilia l’esperienza del “buono scuola” assegnato alle famiglie per scegliere liberamente e consapevolmente la scuola cui affidare l’educazione dei figli si è rivelato efficace, Un po’ meno in Sicilia perché i tempi della burocrazia regionale hanno portato alla erogazione delle somme con parecchi anni di ritardo. Adesso si tratta solo di ridarne dignità e vigore.

Ci auguriamo che questo appello sia accolto del futuro assessore e dal Governo. Sarebbe già bello poterne avere assicurazione nelle dichiarazioni programmatiche che il Presidente Schifani farà all’ARS, speriamo presto.

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