Diario dal Coronavirus 4. Rimettere le relazioni al primo posto. Tre testimonianze

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Il nostro viaggio attraverso la scuola al tempo del Covid-19 continua, grazie ai contributi di tre insegnanti che con la loro sensibilità hanno messo in luce il frutto di queste giornate così piene di schermi e prive di abbracci.

di Caterina Cardinale, Angelo Cinà e Enza Sancetta

“Qualunque cosa ci accada, difendiamo le relazioni: è il momento, se non altro, per un’educazione all’ascolto, all’empatia, al dialogo vero (che non sia un parlarsi addosso): coltiviamone la qualità, curiamo il linguaggio, sperimentiamo.” La prima a prendere la parola è Caterina Cardinale: una giovane insegnante proveniente da Terrasini. “Non importa in che tempo viviamo o che strumento usiamo. Spero sempre in una grande rivoluzione, scolastica e umana, che rimetta le relazioni e la formazione dell’individuo al primo posto: con o senza aule, fisiche o virtuali che siano, per ritornare alla persona, che certe volte ho il dubbio che venga dimenticata”.

Ritornare alla persona, o continuare a non perderla d’occhio in qualunque modo ci venga consentito. Si legano a questa riflessione le parole di Angelo Cinà, che ci racconta la sua esperienza in ‘classe virtuale’:

“Qualche giorno fa, facendo lezione al mio terzo scientifico, spiegavo la psicologia di Aristotele, cioè la tripartizione dell’anima in vegetativa, sensitiva e razionale, dove lo stagirita concepisce la natura dell’uomo un gradino superiore. Da qui sono arrivato ad Hans Jonas e all’etica della responsabilità di fronte al mondo in cui viviamo. Perché è vero, così come ci ha insegnato l’antropologia greca che l’uomo nella natura ha una particolare superiorità. Ma è altrettanto vero che l’ambiente in cui l’essere umano non sia sano rischia la distruzione. Allora per rispettare l’insegnamento aristotelico, se vogliamo essere considerati ancora superiori, quella superiorità che poi la tradizione cristiana ha fatto propria, conciliando ragione e fede (basti ricordare Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino), dobbiamo essere attenti a ciò che ci circonda, responsabili e agire affinché, come dice Jonas: «… le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra»”.

Ma un professore di storia e filosofia non può non paragonare ciò che sta accadendo a quello che è già accaduto. Cinà continua: “Siamo chiusi in casa, non siamo liberi di poter uscire insieme, di fare comunità. Stiamo vivendo per la prima volta quello che ho cercato di spiegare quando parlo di dittature nella storia. Ho detto ai miei alunni di immaginarsi di vivere durante la dittatura nazifascista o comunista. Di sforzarsi a capire cosa significa non essere liberi ma costretti a fare ciò che ci impongono di fare. Le nostre libertà democratiche sono state sospese da un maledetto virus!” E aggiunge: “Certo le conseguenze economiche e sociali sono devastanti, però allo stesso tempo è compito nostro, compito della scuola portare avanti la capacità di sogno dei nostri alunni… anche in videolezione. «Prof» mi dice una mia alunna «mi manca la scuola». Rispondo: «manca la scuola come manca la libertà. Facciamo tesoro di questo e studiamo e resistiamo! Anche noi ce la faremo»”.

La terza voce, proviene da un istituto professionale ed è quello di Enza Sancetta. Anche un istituto scolastico può fare la sua parte ed infatti la docente ci racconta l’iniziativa presa dal suo Istituto: donare tutte le derrate alimentari che non potranno essere utilizzate nelle esercitazioni di laboratorio alla Caritas cittadina, gesto molto apprezzato da tutta la comunità scolastica.

La Sancetta ci racconta anche del suo insegnamento e dei suoi studenti: “Ho scoperto che non è vero che tutti i ragazzi sono nativi digitali, la maggior parte sono analfabeti digitali. Più che mai è stata posta in essere una cooperazione tra ragazzi in cui chi è più esperto in ambito tecnologico ha aiutato chi è in difficoltà. Il mio obiettivo in questi giorni è stato non lasciare indietro nessuno, così una particolare attenzione è stata rivolta ai miei alunni africani: Ismaila, Yayha, Frankly, ognuno con le sue storie, con i suoi carichi di sofferenze e di speranze”.

Torna anche nel suo itinerario scolastico la voglia di scuola: “rivedere i loro volti, poterli tornare a chiamare per nome e ritrovarli smarriti, stanchi, desiderosi come non mai di ritornare a scuola, avviliti spesso anche da difficili situazioni economiche familiari. Così la frase più ricorrente è stata: «Prof ci manca la scuola».

Enza confessa: “Non è facile spiegare il senso di ciò che sta accadendo ai ragazzi e forse neanche a noi stessi, ma ciò che ha sorretto la mia fatica è stato stare nella circostanza fino in fondo, che è ciò a cui sono stata educata. Mi sono sentita sostenuta dalle parole di Papa Francesco durante la benedizione Urbi et Orbi del 27 marzo: «è il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. Ci siamo ritrovati impauriti, smarriti, fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda».

Conclude così il suo contributo, riprendendo il tema che emerge con forza all’interno di questo viaggio: “Più che mai è venuto fuori il valore della scuola come comunità basata su relazioni vive e consapevoli, capace di saper trovare nuove forme e nuovi processi nell’azione didattica, come nei rapporti con le famiglie e con il territorio”.

 

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