Il virus non ha messo in crisi solo la salute, ma un sistema di pensiero e di valori.

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di Nello Scavo

Ospitiamo oggi il contributo del giornalista di Avvenire Nello Scavo, reporter di guerra, cronista giudiziario, corrispondente di guerra. E’ autore di numerosi libri ed ha avuto due prestigiosi riconoscimenti: i premi Mario Francese e Giuseppe Fava

Quali sensazioni o emozioni ha provato nell’assistere all’evento?

Quella sera la forza di quelle immagini, la bellezza di quella città, non hanno lasciato la sensazione della solitudine: Francesco non era solo. Era come se in quella piazza vi fossero milioni, miliardi di persone. Il Papa ha saputo riempire quel vuoto con la sua presenza di Pontefice, restituendo anche il senso architettonico a quella piazza, con il Colonnato che esprime il messaggio dell’abbraccio a tutta l’umanità. Il Papa era solo in quel momento, ma non era in solitudine. Certo, anche a lui non mancano e non sono mancate esperienze di solitudine e ha certo subito tentativi di isolamento, però lì era chiaro che non era da solo. Quale valore comunicativo ha avuto il gesto?

Avere scelto di stare lì in piazza ha avuto un grande impatto comunicativo. Si dice che l’abbiano seguito più spettatori di una finale di campionato di calcio. Ma al di là dei numeri il gesto è stato visto in tutto il mondo e la stampa estera ne ha dato grande rilievo. D’altra parte non è un caso che la benedizione era Urbi et Orbi, cioè il Papa si rivolgeva al mondo intero.

E quali conseguenza ha prodotto a suo avviso?

Posso dire quanto mi è accaduto qualche giorno dopo. Ho sentito l’arcivescovo di Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, che è il presidente della Comece, (Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea) il quale mi ha detto: “Quello che il Papa ci dice è come se ci invitasse ad alzarci dalla poltrona”.

Il Papa è partito nella sua comunicazione dal tema del “ritrovarci sulla stessa barca” e poi ha precisato che nessuno si salva da solo? Che significato assumono queste parole?

Rispondo con un esempio teorico ma efficace. Supponiamo che l’Italia chiudendo per tempo, porti, aeroporti e frontiere fosse riuscita a non far entrare il virus. A cosa servirebbe la nostra immunità, senza poter poi avere rapporti con l’esterno? Quella che si presenterebbe apparentemente come una sicurezza si rivelerebbe come una inutile prigione. Il Papa con quella frase voleva dire che nessuno può ritenersi immune dai rischi e che quindi nessuno può pensare di percorrere questa strada in solitudine. È un virus che costringe ogni uomo a pensarsi dipendente dagli altri uomini, che non tiene conto di quanti soldi hai o di dove vivi, perché non ti mette al riparo dal contagio. Certo noi cittadini delle società avanzate possiamo avere più possibilità di essere curati, tuttavia relativamente, tenuto conto delle dimensioni del fenomeno, ma non possiamo pensare di combatterlo da soli.

Tutto ciò che conseguenze sta portando?

Il virus non ha messo in crisi solo la salute, ma un sistema di pensiero e di valori. All’inizio c’è stato il riflesso condizionato: il pericolo viene da fuori, dagli stranieri, da lontano, ma poi ci ha portato tutti alla realtà. Quello che molti sostengono: che alla fine saremo migliori, non mi convince del tutto. Saremo migliori se già oggi cominciamo a essere migliori e quindi a convincerci che non ci si salva da soli. Bisogna mettere insieme le forze da una parte, e dall’altra mettere via certi interessi. In mancanza di questo atteggiamento forse debelleremo il virus, ma altri ne potranno sorgere, ma certo non andremo al fondo del problema. Nella famosa favola di Andersen il bimbo dice che il re è nudo e nessuno vuol crederci. Ecco mi pare che ci siano molti elementi di quella favola in ciò che sta accadendo.

Un altro tema è stato quello del “tempo della scelta”. Ha detto che è tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. Che valore possono avere queste parole che sono rivolte a tutti gli uomini di oggi?

Un tema che torna spesso in queste settimane è quello della “pulizia”: ci vuole più igiene e più attenzione per le nostre città e per i luoghi dove abitiamo. Ma stando a casa come in questo periodo ci si rende meglio conto di quanti affanni inutili ci sono nella nostra vita quotidiana. Forse ce lo possiamo permettere in un periodo di normalità, ma oggi tutto è messo in discussione. Anche oggi c’è disparità tra chi è a casa e lavora comunque ricevendo uno stipendio, poi c’è chi è stato posto in cassa integrazione, e chi non ha più neanche il minimo reddito che otteneva prima. Non parliamo poi di chi era già sottopagato o lavorava in nero. E non dimentichiamo che al sud, come al nord, c’è anche la mafia. Ma nel Meridione questa presenza condiziona marcatamente le condizioni di vita.

 

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