Dal rito nasce la comunità e non viceversa

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di Francesco Inguanti

Diciamolo subito con franchezza. La parola rito non è tra quelle più apprezzate. Sia che la si utilizzi in ambito ecclesiastico che in ambito laico essa tende ad esprimere più una negatività che una positività. Inoltre, all’interno della Chiesa, dopo secoli di grande fulgore, sembra che debba essere messa da parte per essere sostituita con termini più moderni e inclusivi.

Giuseppe Costa, giovane studioso di teologia liturgica, ha deciso di “prendere il toro per le corna” e affrontare una problematica, certamente complessa e articolata, da una giusta angolazione attraverso il suo libro: “Una comunità dal rito. L’assemblea liturgica nei riti iniziali della celebrazione eucaristica”, Tau Editrice, marzo 2023. Il sottotitolo indica già la scelta di campo fatta a monte. Indagare e cercare di comprendere la parte iniziale della Messa, quella che si conclude con l’inizio delle “letture”, per andare al profondo del significato che esse esprimono, piuttosto che dare “utili consigli”, spesso privi di comprensione.

Per iniziare il percorso che propone nelle quasi 350 pagine del libro è utile partire dalla definizione di rito che ha poso proprio all’inizio del primo capitolo, tratta dal Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery. “Che cos’è un rito? Disse il piccolo principe. Anche questa è una cosa da tempo dimenticata, disse la volpe. È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”. L’autore così commenta: “Tra le righe del dialogo si legge quanto i riti sappiano dare un colore particolare al vissuto e in che modo facciano sì che un istante non rassomigli ad un altro e che momenti speciali acquistano il loro vero valore”.

Purtroppo ciò che si percepisce in tante chiese nelle fasi iniziali della Messa, appunto quelle dedicate ai riti iniziali, è di tutt’altro genere. Sembra piuttosto un tempo riservato alla ricerca del posto a sedere, a salutare i conoscenti, a spegnere il telefonino (pochissime volte), quasi una attesa necessaria per giungere alla parte che erroneamente si ritiene più importante. La Messa non si può smontare a pezzi, non è un’operazione da sala operatoria. Inizia quando il popolo è radunato, e fa appello innanzitutto al desiderio di partecipazione dei presenti. Ecco perché la responsabilità dei fedeli nasce dal desiderio e non dalla buona educazione. L’importanza dei riti d’inizio sta proprio in questo; nel creare il giusto clima e il giusto atteggiamento. La distrazione è il primo vero nemico da battere.

Quanta differenza nella partecipazione ad altri riti della vita sociale! Uno per tutti. Chi si reca allo stadio per assistere ad una partita di calcio sa che ogni minuto di ritardo non è recuperabile. Se la squadra del cuore segna un gol mentre si salgono le scale delle gradinate si è perso la partecipazione all’evento più importante e irripetibile fino a quel momento.

E lo stesso può dirsi per la partecipazione ad un concerto, per la visione di un film al cinema, ecc. Certo l’esperienza della pandemia e l’uso massiccio del web ha aggravato questa situazione, ma non può certo giustificarla. Non a caso l’autore vi dedica un lungo e specifico paragrafo.

Nella Prefazione Loris Della Pietra, Direttore dell’Istituto di Liturgia Pastorale Santa Giustina di Padova, spiega il valore dell’indagine di Giuseppe Costa affermando che essa “interroga i riti introduttivi nel loro darsi poietico ed estetico per coglierne l’efficacia in termini di costruzione della comunità”.

Ed è questo il tema centrale del testo che può essere racchiuso in questa affermazione: è dal rito che nasce la comunità e non viceversa.

L’autore, tenendo come fermo caposaldo la Costituzione Sacrosantum concilium, dichiara fin dall’introduzione che “l’assemblea liturgica manifesta il mistero di Cristo e la genuina natura vera della Chiesa (SC 2) e ha voluto ricollocare l’assemblea al centro di ogni azione liturgica, affinché riveli la propria partecipazione al mistero celebrato e manifesti nella diversità dei ruoli e nella partecipazione di tutti, una genuina ministerialità”.

Costa non intende passare per un ingenuo ed afferma con piena consapevolezza che “sulla dimensione rituale si rivelano molti preconcetti ideologici figli di deformazioni della storia passata che ha considerato il rito una scorza necessaria ma non incisiva sulla realtà di fede”.

E proprio per questo il suo articolato e documentato lavoro ha come interlocutore l’intera comunità cristiana. Non è un libro per addetti ai lavori. Non è una sequenza di buone e utili indicazioni. È un invito a tutti per ritornare alle fondamenta di una comunità cristiana che ha perso le radici del suo essere e del suo vivere.

Proprio per questi motivi l’interesse maggiore è racchiuso nel terzo capitolo che sotto il titolo: “Quale teologia dell’assemblea dalla riforma dei riti d’ingresso” affronta gli aspetti più importanti, da quelli teologici a quelli pastorali.

Come detto questo non è un libro di ricette. Ma è opportuno in conclusione leggere il giudizio dell’autore: “Non si può più considerare l’azione liturgica come la semplice cornice di un evento dogmatico. Questa lettura dei riti d’inizio rivela come spesso siamo ancora troppo spettatori, probabilmente devoti e ispirati, ma distanti da ciò che accade in quella sequenza rituale. Calibrarsi come assemblea costituita, già all’inizio, porta tutti ai primordi di una relazione, solo così la Chiesa potrà essere pronta a ricevere sé stessa dal suo Signore che le dona ancora una volta lo Spirito e la unisce al proprio sacrificio di lode”.

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