Ad un anno dalla scomparsa di padre Bartolomeo Sorge

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di Francesco Inguanti

Ad un anno dalla morte di padre Bartolomeo Sorge, che ricorre proprio oggi, mi piace ricordarlo attraverso tre vicende diverse e distinte, che me lo hanno fatto conoscere, superando quella immagine di personaggio pubblico e inarrivabile che mi ero fatto.

La prima riguarda l’incontro avuto con lui nell’aprile del 2016, per una intervista che gli chiesi attraverso la comune amica Cetta De Magistris, in occasione di quello che fu il suo ultimo viaggio a Palermo.

Non posso negare che avevo vissuto con una certa trepidazione l’attesa, potendo finalmente incontrare un “personaggio” di grande importanza, soprattutto per quanti hanno vissuto a Palermo negli anni della sua permanenza, ma anche per lo spessore culturale e spirituale che lo ha sempre contraddistinto.

Superfluo dire che avevo letto per l’occasione più di uno dei suoi numerosi libri e che avevo preparato una “batterie di domande” che spaziavano in tanti argomenti, pronto a tirar fuori quelle che la circostanza avesse suggerito.

Grande fu la mia meraviglia quando, a conclusione della prima risposta, dovetti ammettere a me stesso che era una persona normale, affabile e cordiale innanzitutto, e poi disponibile a rispondere ad ogni mia richiesta. L’intervista si protrasse bel oltre il tempo concordato, perché potei rivolgergli anche gli interrogativi a mio avviso più delicati, a cui non solo non si sottrasse, ma che colse come occasione per andare oltre la formale richiesta.

Riletta oggi ne conserva tutta la sua attualità, se si eccettua il riferimento a Renzi sul quale in quegli anni si convogliavano le attese di molti.

Di tutte le numerose domande poste ricordo la risposta che diede con riferimento al mondo cattolico, affermando che in Italia ci sono molte energie, ma mancano le strutture. Fece questo esempio: “Tra l’acqua e i canali, è più importante che ci sia la prima piuttosto che i secondi, perché i canali senz’acqua non servono a nulla, mentre l’acqua scorrendo tra i canali irriga dappertutto; e se poi comunque i canali si otturano l’acqua si fa strada e alla fine giunge a destinazione. Noi abbiamo dato più importanza ai canali, cioè le leggi, che all’acqua, cioè le idee, i giovani, eccetera. Poi le leggi ci sono e ci devono essere, ma è un errore dare il primato alle riforme strutturali. Pensare che una volta fatta la riforma della scuola, della sanità ecc. l’Italia andrà bene, non è vero, perché la forza principale è l’acqua”.

Il secondo riferimento è a colei che me lo ha fatto incontrare. Conoscendo Cetta De Magistris ho compreso quanta importanza abbia avuto padre Sorge nella sua vita, per la sua formazione umana e spirituale. Quanta capacità di direzione spirituale abbia avuto nei suoi riguardi e come la sua nomea di politologo onnisciente poco si attagliasse con il suo essere sacerdote e gesuita.

La terza è il suo recentissimo libro Un gesuita felice. Testamento spirituale, edizioni Terra Santa, curato dalla stessa De Magistris, che ne raccoglie gli scritti spirituali, preceduti da una autorevole prefazione di Massimo Naro e da una introduzione curata dalla stessa. La brevità del tempo intercorso non mi ha consentito al momento di completarne la lettura, ma certamente di cogliere il particolare valore del sacerdote gesuita.

Se mi è consentito un suggerimento, invito quanti decideranno di leggerlo di iniziare dalle pagg. 42-45 ove la curatrice ha riportato l’omelia che padre Sorge fece in occasione della Messa celebrata per il suo 60° anniversario di sacerdozio.

Da come fu preparato l’evento si comprende meglio innanzitutto il suo carattere, che la De Magistris non esita a chiamare “difetto”, quello cioè di essere “allergico a ogni manifestazione di affetto e apprezzamento”. E poi aggiunge: “Se fosse dipeso da lui, avrebbe abolito tutti i giubilei, le ricorrenze e i riconoscimenti, compreso i compleanni e gli onomastici” perché lui sosteneva che hanno il torto “di mettere al centro il festeggiato e di indurre la gente a congratularsi con lui, mentre l’unico veramente da ringraziare e da festeggiare, dovrebbe essere sempre il Signore”! Chi può ritenersi esente da tale rischio?

Il testo aiuta a comprendere la personalità del sacerdote, perché egli nell’occasione si limita ad elencare ed illustrare i tre sogni della sua vita: divenire un santo sacerdote, contribuire alla costruzione della città misura d’uomo, sognare una Chiesa rinnovata, giovane, libera dal potere e dalla mondanità.

Questi tre “sogni” sono preceduti da una riflessione tratta da papa Francesco con riferimento al libro di Gioele che riguarda i giovani e gli anziani, nel quale c’è una profezia che – dice il Papa – afferma: “I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”. Sorge spiega così: “I protagonisti, quelli che salveranno il mondo, appartengono a queste due categorie. A patto che gli anziani sognino e raccontino i loro sogni, e che i giovani si approprino di quei sogni e li portino avanti”.

Sorge è morto a 90 anni. Penso abbia portato con sé e tramandato a noi questa dialettica, con cui tutti noi oggi dobbiamo saperci confrontare. A ciascuno il suo compito, agli uni quello di sognare agli altri quello di avere visioni. Magari cominciando a leggere questo libro e a rileggere così la vita di quest’uomo di Dio.

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