Benedetta la cappella ove riposa a Terrasini mons. Luigi Bommarito

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di Francesco Inguanti

“In questa celebrazione eucaristica ricordiamo con riconoscenza nel secondo anniversario della sua dipartita da questa terra S.E. Mons. Luigi Bommarito, il cui corpo, secondo il suo desiderio, è sepolto in questa chiesa”.

Questo l’incipit dell’omelia che l’arcivescovo mons. Michel Pennisi ha svolto domenica 19 settembre 2021 durante la messa nella Chiesa madre di Terrasini, alla presenza di tanti suoi concittadini e di una delegazione della diocesi di Agrigento.

“Lo ricordiamo tutti – ha proseguito – come figura carismatica caratterizzata da doti umane e virtù sacerdotali per la sua giovialità, il suo entusiasmo, la sua gioia contagiosa, il suo servizio appassionato alle Chiese di Monreale, Agrigento e Catania, il suo ardore missionario, la sua vicinanza ai poveri il suo amore a Gesù Cristo e la sua filiale devozione alla Madonna delle Grazie”.

A conclusione della Messa la nuova sepoltura, è stata benedetta da monsignor Michele Pennisi, nella stessa Chiesa madre nella quale aveva ricevuto il battesimo e gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Nell’occasione hanno preso la parola il Sindaco di Terrasini, Giosuè Manici che ha ribadito la disponibilità e l’interesse dell’amministrazione comunale a portare avanti insieme alla Chiesa locale ogni utile iniziativa per onorare un concittadino così importante e il nipote di mons. Bommarito Gianfranco D’Anna.

Il ricordo del nipote è stato quanto mai affettuoso e caloroso ed ha reso ancora più vivo nei presenta il ricordo di don Gino come tutti lo chiamavamo.

Riportiamo alcuni stralci dell’intervento del nipote nei quali spiccano alcuni ricordi del loro rapporto.

“Il primo ricordo – ha esordito – risale all’ infanzia, quando gli chiesi: ‘Zio perché preghi?’ E lui mi rispose con delle parole che non ho mai dimenticato: ‘Pregare è pensare al senso della vita.’ Ma c’è un ambito di don Gino, inedito ai più, che custodisco nei miei ricordi più cari. Ed è quello della meticolosità, nella preparazione delle lettere pastorali, degli interventi sinodali, delle omelie e perfino negli indirizzi augurali durante i matrimoni, la meticolosità della ricerca di parole, di concetti e talvolta di aneddoti in grado di far riflettere ben al di là dell’immediatezza del loro significato”.

Ecco un altro ricordo di Gianfranco D’Anna: “Fino a quando le condizioni di salute gliel’hanno consentito, c’era un assiduo scambio culturale riguardante gli aneddoti dell’attualità in progress e le epigrafi storiche che Don Gino utilizzava per smorzare con l’ironia le tensioni e gli attriti fra gli interlocutori. Per esempio, nel caso di anziani fedeli alle prese con varie situazioni familiari, don Gino con garbo e sul filo della dichiarata ironia, e indicando implicitamente la via della generosità e dell’equanimità, raccontava di essere stato colpito, durante una visita al Cimitero di Genova dalla lapide di una nobildonna, sulla quale era scritto: ‘per tutta la vita accumulò, moltiplicò, mai sottrasse. I familiari riconoscenti divisero.’ “

È seguita la narrazione di una circostanza che ha fatto sorridere tutti i presenti, sulla scelta del bene e del rifiuto del male. “Don Gino – ha proseguito D’Anna – prediligeva l’epitaffio che sarebbe stato scritto sulla tomba del Cardinale Richelieu. E spesso per memorizzarlo, mi pregava di recitarglielo in francese, perché – affermava – ha una maggiore efficacia: ‘qui riposa Mons. Arcivescovo Armand Jean du Plessis, Cardinale Richelieu. Nella vita fece bene e fece male. Il bene lo fece male. Il male lo fece bene!’ Epigrafe sulla quale don Gino innestava la considerazione che il bene o è sincero o non è”

Il nipote ha poi citato due altre massime care allo zio. “Ho spesso sentito ripetere a Don Gino, che: ‘Amare significa amare l’inamabile. Perdonare significa perdonare l’imperdonabile. Credere significa credere nell’incredibile. Sperare è poter sperare quando tutto sembra perduto.’ Un’altra massima molto utilizzata da don Gino è quella di Sant’Agostino, poi ripresa da San Tommaso Moro: “Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, e soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.”

“La ricerca dell’ilarità – ha concluso – introduce una riflessione più attenta. Per esempio quando per sdrammatizzare i momenti di sbandamento di incertezza dei fedeli affermava serissimo: “Le vie del signore sono infinite…. È la segnaletica che spesso manca”.

Concludiamo questo resoconto con le parole di mons. Pennisi: “La sua vita come ha scritto nel suo testamento spirituale è stata ‘un tessuto di grazie, una trama attraversata e vivificata ogni giorno dall’amore misericordioso di Dio’, a cui egli ha cerca

to di corrispondere. Questa celebrazione vuole costituire per ciascuno di noi un’occasione per manifestare la nostra riconoscenza a chi, come pastore e sposo della Chiesa, ha dedicato la sua esistenza a servizio della diffusione del Regno di Dio.

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