Caritas diocesana di Monreale: segni concreti

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di Francesco Inguanti

Il cortile esterno della sede della Caritas di Monreale in Via Villa Veneto è terribilmente silenzioso. Poche macchine parcheggiate, pochissime persone, portone rigorosamente chiuso, si entra solo su appuntamento. L’operatore che mi riceve controlla l’orario, procede alla misurazione della temperatura, verifica l’igienizzazione delle mani e mi accompagna nello stallo, rigorosamente isolato, dove mi attende Bianca Marchese. Il vocio, il via vai, la confusione di un tempo sembrano lontani secoli. Il silenzio la fa da padrone. Solo lo squillo del telefono ricorda che c’è una vita che fuori urge, preme, chiede e che il virus ha reso più faticosa e difficile.

“L’anno appena trascorso – dice subito Bianca – è stato molto particolare, frenetico e in parte caotico. Abbiamo avuto tantissime richieste di aiuto di vario genere, non solo alimentare, però abbiamo avuto anche tantissime offerte, cioè tante persone che hanno portato beni di varia necessità da donare a chi ne avesse di bisogno. Abbiamo aiutato molto e molti, ma siamo stati aiutati da tanti a cominciare da Caritas italiana”.
Le telefonate giungono anche al suo telefono, ma chiede cortesemente di richiamare e riprende la narrazione. “Non è mancata certamente la quantità di cose da dare; ciò che è venuto meno è stato l’impegno di molti volontari, perché tanti di questi, soprattutto quelli che operano in parrocchia, hanno una certa età ed hanno giustamente preferito riguardarsi nella salute. In alcuni casi le Caritas parrocchiali hanno addirittura dovuto chiudere ed è toccato a noi sopperire al loro impegno dalla nostra sede diocesana”. Ma poi aggiunge: “Un aiuto ci è giunto anche dalle Amministrazioni Comunali e dalla Protezione civile che ha curato il recapito degli alimenti lì dove altri non hanno potuto. C’è stata una rete di solidarietà che ha funzionato”.
Chiediamo allora di illustrare come funziona il meccanismo della distribuzione. “I generi alimentari, forniti da AGEA, consentendo alle organizzazioni caritative di assicurare, alla popolazione bisognosa, una base certa di alimenti disponibili nel tempo. Si sta cercando di conformare il metodo seguito fin ora dalle parrocchie con la normativa comunitaria, che prevede controlli sulla gestione amministrativa-contabile, tesi a verificare l’attendibilità dei dati relativi agli indigenti dichiarati in domanda, con l’effettiva realtà degli assistiti; la rispondenza dei dati anagrafici delle strutture periferiche dichiarati in domanda, con la loro effettiva struttura operativa; la corretta tenuta dei registri di carico e scarico degli alimenti. Per quanto riguarda la gestione degli alimenti, i controlli tenderanno a verificare la presenza in magazzino di una certa quantità e qualità di elementi compatibili con i dati riportati nei registri; l’idoneità dei magazzini di stoccaggio e la corretta conservazione degli alimenti presso i magazzini”.
La narrazione procede spedita, Bianca ha una lunga esperienza alla Caritas diocesana, conosce tantissime persone da tantissimo tempo, ma ci tiene a precisare che le cose nell’ultimo anno sono molto cambiate.
“Soprattutto all’inizio del lockdown del marzo scorso si sono rivolte a noi molte persone che non avevamo mai viste prima. Erano quelle che avevano improvvisamente perso il lavoro o avevano dovuto chiudere l’attività commerciale. In molti casi erano anche giovani famiglie legate al settore del turismo e del commercio. Venivano per chiedere alimenti, ma poi la richiesta si spostava sugli indumenti e i pannolini per i bambini, sulle medicine e sugli omogeneizzati, e più in generale chiedevano aiuto per pagare le utenze; talvolta chiedano contributi anche la rata del mutuo o per le spese energetiche per il riscaldamento. Riusciamo tramite il rapporto con le farmacie e il Banco Farmaceutico a sopperire alle necessità dei farmaci da banco. Ma poi queste famiglie devono anche pagare il ticket per le visite specialistiche e non sempre hanno i soldi”. Chiediamo allora come sono cambiate le cose in estate e ci racconta con evidente apprensione che dopo la prima fase di chiusura c’è stata una certa ripresa, perché sono giunti i sussidi statali distribuiti dai Comuni. Ma ci sono casi in cui il reddito dell’anno precedente dichiarato tramite l’ISEE impediva di accedere a queste forme di sostentamento pubblico, mentre avendo perduto il lavoro, il loro reddito era quasi zero e dovevano far fronte per esempio alle spese per mandare i figli a scuola. Così noi siamo intervenuti anche sul materiale didattico, di cancelleria e tasse universitarie”.

Bianca è chiamata per una urgenza e la conversazione procede con Giacomo Manganaro al quale chiediamo come si svolge il rapporto con gli assistiti. “Il primo contatto con la nostra Caritas avviene al “Centro ascolto”; ma va detto che in molti, moltissimi casi, le persone vengono per cercare lavoro, non assistenza. Noi cerchiamo di offrire un accompagnamento perché in questo percorso molti rischiano di perdersi, soprattutto quando le difficoltà sono improvvise. Tuttavia la pandemia ha ridotto di molto le richieste di aiuto, soprattutto delle donne, perché molte sono rimaste a casa ed escono per le necessità impellenti. Per quelle in difficoltà c’è anche un Centro di ascolto rivolto solo a loro con la presenza di figure professionali come Psicologo, Assistente Sociale e Avvocato”.

Ci concediamo una breve pausa nella conversazione perché gli operatori devono ricevere della merce giunta all’improvviso e c’è la necessita di una massiccia collaborazione. Riprendiamo il filo del discorso e chiediamo qualche notizia sull’assistenza agli stranieri. “Coloro che assistiamo – riprende Giacomo – sono già censiti da noi da tempo e sono nostri frequentatori abituali. Con loro facevamo prima del Covid anche il doposcuola che adesso si fa on line”. Ma la discussione torna inesorabilmente alle nuove povertà. “La percezione più forte – prosegue – è data dalle nuove povertà che sono aumentate a dismisura. Ci sono molte famiglie che avevano un reddito di 1.000/1.500 euro e che improvvisamente sono rimaste senza e devono necessariamente rivolgersi alla Caritas. Molte inoltre per dignità non osano venire, ma noi, soprattutto nei paesi, conosciamo le loro problematiche e le aiutiamo andando a casa loro per garantire una certa privacy.

Alla conversazione si aggiunge Lorenzo Cicala, responsabile del Progetto Policoro venuto per l’occasione, che abita a Terrasini, è diacono, è impegnato in parrocchia. Ci offre uno spaccato più approfondito. “Abbiamo notato come in questo anno sia emerso un bisogno di spiritualità grande. Il Covid ha spinto molti ad avvicinarsi alla Chiesa, alcuni per la prima volta e altri perché ne facevano parte, ma in modo superficiale. C’è un riavvicinamento alla Chiesa per essere aiutati non solo nelle necessità materiali, ma anche per un sostegno allo spirito. La Caritas c’è sempre e dà in tal modo un supporto che altrove non si può avere. Questo lavoro lo fanno soprattutto le parrocchie”. Gli chiediamo di descrivere di più la condizione in cui vivono queste persone. “Il rischio di questo tempo è la depressione. Poi dopo la depressione c’è il rischio del suicidio”.
Il tema della mancanza o del sostegno al lavoro torna sempre tra le pieghe della conversazione. La Caritas monrealese da tempo è impegnata su questo fronte con iniziative ormai consolidate nel tempo.
Non si è fermato, nonostante la pandemia il progetto “Questa terra sarà bellissima“, finanziato con i fondi dell’8X1000, il cui obiettivo è la valorizzazione dei beni culturali ecclesiali di Corleone e la creazione di una realtà imprenditoriale sociale fatta da giovani corleonesi. Inoltre un gruppo di giovani, proprio lo scorso 10 dicembre ha costituito la cooperativa ‘Nsitu, che in siciliano vuol dire “innesto”, fiduciosi che il futuro sarà migliore di adesso e che bisogna coltivare il seme della speranza nel proprio cuore. Tra telefoni e piattaforme online, è continuato l’impegno degli operatori del progetto “Chi è l’ultimo?” finanziato nell’ambito del Programma nazionale Carcere di Caritas Italiana. In collaborazione con le Istituzioni della Giustizia (UEPE, USSM, Tribunali e forze dell’Ordine), non sono stati abbandonati a sé stessi i detenuti che potevano accedere alle misure alternative e sono stati sostenuti materialmente o avviati ad attività lavorative, che potevano giustificare l’esecuzione della pena all’esterno delle mura carcerarie. Allo stesso modo sono continuate le attività di socializzazione e di riabilitazione attraverso il contatto con la natura per i disabili destinatari del progetto “Sorella Terra“. E poi il Progetto Policoro che costituisce da tempo un accompagnamento costante ai giovani del territorio perché imparino a fare affidamento sulle proprie risorse, sulle proprie capacità e a far derivare dalle proprie competenze il reddito di cui vivere. Nella stessa logica si collocano Il Prestito della Speranza e il Microcredito, (promosso da Caritas italiana) che sostiene coloro che propongono un’idea imprenditoriale, tramite un prestito bancario, possibile grazie a una convenzione stipulata con il “Banco di Credito Cooperativo Toniolo. Per ultimo è stata aperta anche un’agenzia di viaggi.
Proprio di qualche settimana fa è la notizia che è stato ammesso a finanziamento il progetto “Sulle orme di Francesco” da parte di Caritas Italiana, nell’ambito “Lavoro” della nuova programmazione. Il progetto, tutto centrato sull’accompagnamento delle persone in difficoltà verso l’inserimento lavorativo, attraverso servizi di orientamento in connessione con i servizi pubblici territoriali, prevede anche l’avvio di una impresa sociale, che prenderà in gestione dei locali del complesso di Poggio San Francesco, dove sarà avviata una cucina naturale, che valorizzi le specialità territoriali, ma soprattutto una proposta culinaria fortemente connessa con il tempo dell’anno liturgico riflettendo sul rapporto tra cibo e religione, aumentando la consapevolezza e la conoscenza della propria storia, della propria cultura, delle proprie tradizioni e della loro connessione con la fede. Un’ulteriore opera segno che la Caritas sta portando avanti e che sarà inaugurata prossimamente, è il centro ricreativo e sportivo “Oratorio Antonella Messina”, uno spazio di aggregazione e formazione per i giovani di Monreale e del comprensorio. L’impianto sportivo è costituito da un campo di calcio in erba sintetica di ultima generazione con relativi spogliatoi e docce.

Tutto ciò ci viene riferito da don Ferdinando Toia che è il responsabile ultimo della Caritas diocesana che segue personalmente da tempo. Ci riceve nella sua stanza e tra uno squillo e l’altro del telefono gli chiediamo qualche dato numerico sull’attività svolta. Mette le mani avanti e dice subito: “I numeri, importanti e necessari per valutare gli impatti, non riusciranno mai a raccontare cosa si prova a varcare la soglia di quella porta e a trovare nella sala d’attesa decine di volti segnati da un dolore diverso. Persone in attesa di parlare con me, come se la possibilità di aiutarli dipendesse solo dalla mia volontà, ripiegati nella mestizia della loro vita, che in quel momento preciso li ha probabilmente privati della dignità del lavoro. I numeri non potranno mai esprimere la mia frustrazione di fronte a un bisogno sempre più grande, a un numero sempre più alto di richieste d’aiuto, che deve necessariamente fare i conti con la limitatezza delle risorse”. Proviamo ad insistere, ma riprende subito: “Nessuna tabella o grafico potrà rendere giustizia dell’impegno di Bianca e Giacomo, della loro capacità di far fronte a mille incombenze ogni giorno, a decine e decine di persone che chiamano e a cui si dà sempre una risposta. E lo stesso vale per tutti gli altri operatori. I dati non potranno mai dire del vociare dei bambini nel tempo d’estate, delle risa dei ragazzi del Servizio Civile o dei battibecchi tra i volontari in pensione. Di tutte queste voci, che rimbombano nei locali della Caritas di Monreale, porteranno memoria gli esseri umani che la vivono e che insieme, coralmente, danno voce alla vita stessa”.

La mattinata è trascorsa veloce. Lasciamo i locali carichi di tristezza per le storie raccontate ma anche di speranza per il modo in cui la Caritas di Monreale le accompagna sostenendo i suoi protagonisti.

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