Coronavirus, comunità cristiana e web

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intervista di Francesco Inguanti

È trascorsa una settimana senza che i fedeli cristiani d’Italia abbiamo potuto partecipare alla Messa domenicale e feriale e fare la comunione. Una emergenza imprevedibile cui la Chiesa italiana, dal Papa ai parroci, ha fatto fronte con l’uso di strumenti telematici e informatici. Abbiamo chiesto all’Arcivescovo mons. Michele Pennisi un giudizio su tale emergenza e su questo modo di farvi fronte.

Mons. Pennisi, innanzitutto un giudizio in generale di questo utilizzo del web per vivere la fede in questo frangente. Come lo giudica?

In seguito al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo con il quale si proibivano le cerimonie religiose, sono stato io stesso con una lettera inviata alla Comunità diocesana il 9 marzo a suggerire oltre la preghiera personale e familiare, l’ascolto della Parola di Dio e la partecipazione anche se da lontano alla S. Messa, attraverso i vari mezzi di comunicazione sociale, valorizzando la pratica della Comunione spirituale, che anche il Santo Padre ha raccomandato. Certo si tratta di una scelta dolorosa che molti sacerdoti e pastori hanno accolto con sofferenza perché si è stati obbligati ad un prolungato digiuno dalla “comunione eucaristica”, alla limitazione della dimensione comunitaria della Celebrazione eucaristica che non ha reso possibile la “piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche” auspicata dal Concilio Vaticano II.

C’è chi lo ha ritenuto eccessivo visto che un po’ tutti dal Papa ai parroci hanno celebrato Messa sul web. Sostengono che sarebbero bastati i canali cattolici privati evitando una certa inflazione.

Per il rispetto della sacralità delle celebrazioni liturgiche in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa è importante che vengano celebrate senza improvvisazioni e sciatteria. Certamente le celebrazioni realizzate dalla RAI la domenica e nei giorni feriali dalle emittenti cattoliche sono più curate, ma questo non esclude che anche vescovi e parroci abbiano potuto trasmettere le Messe celebrate in privato via web. In qualche caso non sono mancati degli eccessi di carattere personalistico, dimenticando che il celebrante nella Liturgia deve mettere al centro Gesù Cristo e il suo mistero pasquale e non il proprio esibizionismo.

Dall’altra parte c’è chi ha sostenuto che i fedeli hanno bisogno proprio in questo momento di una vicinanza che non essendo fisica sia almeno visiva del proprio parroco? Le sembra giusto? Le sembra sentimentale?

Il cristianesimo si basa sul mistero dell’Incarnazione da cui deriva la sacramentalità che richiede anche l’elemento visibile come veicolo della Grazia divina. Anche a me alcuni sacerdoti e fedeli hanno chiesto di potermi vedere ed ascoltare la mia voce, come hanno chiesto anche ai parroci. Per cui mi sembra pastoralmente opportuno che diversi parroci abbiano cercato di assecondare questo legittimo desiderio dei fedeli, evitando però forme di sentimentalismo deteriore e di devozionismo non consono al mistero che si celebra. Per quanto riguarda alcune devozioni private voglio ricordare quello che abbiamo ascoltato nel Vangelo del mercoledì delle Ceneri: la preghiera va fatta nel chiuso della propria camera davanti al Padre che vede nel segreto e non per essere ammirati dagli uomini.

Lei in particolare che scelta ha fatto e perché?

Venendo incontro al desiderio che mi è stato espresso da molti ho trasmesso qualche audio e qualche video con la preghiera dell’Angelus o con la preghiera composta dall’Ufficio nazionale della pastorale della salute. Ho trasmesso anche un video con un breve commento al Vangelo domenicale. Mi è stato chiesto per venerdì 20 marzo di celebrare la messa al santuario del Crocifisso di Monreale che sarà trasmessa in streaming. Per quanto riguarda le celebrazioni della Settimana Santa deciderò dopo essermi confrontato con gli altri vescovi e con i vicari foranei ed altri membri del presbiterio diocesano.

 Le risulta che questi strumenti siano stati usati anche per la catechesi, soprattutto per il catechismo dei bambini? E con quali esiti?

Io stesso nel primo comunicato del 5 marzo ho sollecitato l’uso dei mezzi di comunicazione sociale per la catechesi, l’insegnamento della religione cattolica, la scuola teologica di base. Ho invitato il direttore di TV 2000 ad organizzare degli Esercizi Spirituali che saranno trasmessi nei prossimi giorni. Diversi parroci hanno utilizzato dei video per la catechesi ai bambini, che deve essere integrata dal rapporto con i catechisti e in collaborazione con i genitori che sono chiamati a riscoprire la propria missione di educatori alla fede dei propri figli. Nei prossimi giorni è fissato un incontro per fare un bilancio con l’Ufficio Catechistico diocesano. Non in tutte le parrocchie i ragazzi sono forniti degli strumenti informatici per una catechesi virtuale.

Ieri domenica all’Angelus il Papa ha detto: “Vorrei ringraziare anche tutti i sacerdoti, la creatività dei sacerdoti, tante notizie mi arrivano soprattutto dalla Lombardia, sacerdoti che pensano mille modi per essere vicini al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato, sacerdoti con lo zelo apostolico, che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il Don Abbondio”. Cosa ne pensa? Cosa possono significare per la sua diocesi e i suoi sacerdoti? 

I sacerdoti stanno cercando in tutti i modi, anche mettendo in gioco la propria fantasia pastorale, di stare vicini alle gente rendendosi disponibili alle confessioni e all’accompagnamento spirituale, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie imposte dal Governo. La maggior parte delle chiese sono rimaste aperte per far sentire ai fedeli la vicinanza della Chiesa. Diversi parroci e laici sono impegnati a venire incontro anche ai bisogni materiali delle persone in difficoltà attraverso le Caritas parrocchiali, anche se ci sono dei problemi di carattere logistico per la fornitura e il trasporto dei viveri.

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