Viviamo l’oggi, ma con la consapevolezza che stiamo già costruendo il domani, cercando magari di non regredire

0
576 views

di Francesco Inguanti

Le recenti festività pasquali sono trascorse, come per altro l’ultimo mese, nella lotta che ogni italiano ha dovuto affrontare tre le tante cose cui ha dovuto rinunciare e le poche che ha cercato, anche con vari e originali espedienti, di conservare.

Tra queste l’esperienza legata alla giornata del lunedì dell’Angelo, di solito chiamata “pasquetta”. Malgrado l’etimologia essa ha tradizionalmente un carattere più laico e mangereccio, anche se alcuni ricollegano la tradizionale gita fuori porta all’episodio dei discepoli di Emmaus, che Gesù incontra fuori dalle porte di Gerusalemme e ai quali si manifesta nel gesto di spezzare il pane.

In verità il giorno di Pasquetta come giorno festivo venne introdotto in Italia all’indomani del secondo dopoguerra in un periodo di boom economico per allungare le vacanze pasquali e dare un giorno di riposo a coloro che lavoravano alacremente per la ricostruzione.

Quest’anno paradossalmente, in un periodo nel quale alla pandemia del coronavirus si accompagna una grave crisi economica con all’orizzonte la recessione, la Pasquetta è stata festeggiata in casa tentando di recuperarne gli elementi essenziali. Costretti a rinunciare alla gita gli italiani non hanno voluto rinunciare al pranzo che, a differenza di quello di Pasqua, assume vari nomi e tipologie scendendo la penisola dalla Lombardia alla Sicilia. Ed ecco che il più consueto termine picnic diviene poi andando verso sud scampagnata e a Palermo assume la connotazione di “arrustuta”, indicando così in modo metaforico l’accensione della carbonella per cucinare il capretto, appunto arrustuto.

Mettendo a frutto la notevole dose di fantasia di cui la natura ha dotato il popolo italico in tutte le famiglie lunedì a pranzo si sono attrezzati barbeque in balconi, terrazze, davanzali spargendo per tante vie delle città il caratteristico odore che prima si poteva godere solo in campagna o al mare. Una piacevole illusione che ha gratificato in parte la fatica di stare a casa.

Questa lotta alla non rassegnazione culinaria affonda ovviamente le sue radici nella psiche di ciascuno e per una volta scomodare il padre della psicanalisi, Sigmund Freud può aiutare a comprendere quali meccanismi sono alla base di tali comportamenti.

Abbiamo chiesto al dottore Maurizio Nicolosi qualche delucidazione.

“Occorre premettere – ci ha spiegato – che la Psicanalisi è nata solo 120 anni fa e proprio nel 1906 papà Freud teorizzava lo sviluppo psicosessuale della persona (tra 0 anni e la pubertà) in 5 fasi, ascrivendo le nevrosi a un blocco alle fasi meno evolute o a una regressione a queste”.

E in dettaglio cosa significa?

“Che a suo dire esiste una prima fase “orale” in cui la bocca è fonte di gratificazione (si pensi all’allattamento che soddisfa un bisogno elementare). Ad essa segue la fase “anale” intesa come attività di ritenzione o espulsione a loro volta fonte di gratificazione. Poi c’è la fase “fallica” in cui c’è la scoperta del piacere genitale. A seguire quella di “latenza” assimilabile ad una sorta di “silenzio radio”, di sospensione delle pulsioni in attesa dello sconvolgimento adolescenziale. E poi l’ultima definita “genitale” in cui si raggiunge la maturità anche sessuale con la scelta di metter su famiglia e procreare”.

E tutto ciò che rapporto ha con la pasquetta e il coronavirus?

“Questa “Pasqua al coronavirus” seguendo le suggestioni psicoanalitiche, può essere guardata come una netta regressione collettiva alla fase orale, che possiamo identificare con le “abbuffate”. È come se questa situazione anomala abbia prodotto un ritorno indietro ad una fase antecedente allo sviluppo cui si è giunti”.

E andando avanti?

“La fase 2 può essere identificata con il grande dibattito legato agli Eurobond, al Mes, ai mutui in scadenza, alle tasse da pagare e a quanto ad essi connesso. Senza necessariamente dar seguito alle fantasie penetrative allusive di un “fregatura” amministrativa in agguato, va ricordato che la fase anale con le sue caratteristiche di ritenzione/espulsione rimanda simbolicamente al rapporto con il denaro, con le risorse personali e comunitarie.

C’è allora anche una fase successiva?

“È la fase 3, quella più densa di contrasti: la scoperta del piacere genitale rischia di risucchiare l’individuo che cresce in un vortice autoreferenziale, solitario ed egoistico, per cui nella psiche compare il Super-Io, l’istanza morale (filtrata dai canoni dell’educazione sul piano personale e della Legge sul piano collettivo) che stabilisce permessi e divieti. Cercando di ipotizzare un futuro prossimo non è difficile immaginare che il desiderio di negare il dramma vissuto o, peggio, una spinta forte a compensare le frustrazioni possano attivare un Super-Io (o chi per lui) che per lungo tempo dirà cosa si deve fare e cosa non si deve fare, quali i sacrifici necessari, quali le rinunce, mentre tutti vorrebbero farne a meno e seguitare ad illudersi che non è successo nulla o che almeno tutto tornerà come prima. Se sarà un Super-Io tollerante e permissivo, piuttosto che rigido e maltrattante, non è dato saperlo.

Ma tutto tornerà come prima?

“Come prima certamente no, ma come sarà oggi è difficile da immaginare. Ciò che si può certamente affermare è che i segni dei cambiamenti di domani sono già presenti oggi, anche se in modo latente. Chi li comprenderà e li guiderà per primo sarà certamente avvantaggiato. E ciò vale sia per i governati che per i genitori e i figli”.

E quindi in definitiva cosa attenderci?

“Forse bisognerà aspettare la fase 5 quella in cui si genererà un’umanità nuova, i cui contenuti e le cui forme sono certamente da scoprire, ma nelle quali vincerà chi per primo ne capirà i meccanismi e sarà in grado di guidarli”.

Ma così sembra di evocare vecchi modelli e spettri: il grande vecchio, i poteri forti, il grande burattinaio. O no?

“Non è detto. C’è una cosa che già emerge. Il ruolo e i rapporti tra i grandi poteri. Per esempio non è detto che la finanza o l’economia saranno le sole forze a dettare le regole. Per esempio ed è ciò che mi auguro, il fattore umano potrebbe tornare a giocare un nuovo ruolo come già nei secoli scorsi”

E ciò da chi dipenderà?

“Certamente più dagli uomini che dall’economia, che comunque è sempre guidata da uomini”.

E a chi affidarsi in questo periodo?

“È in corso una sovrabbondanza di comunicazione che lascia storditi. Quindi difficile raccapezzarsi. Ma questo è già un segno del domani che è già oggi. Posso citare l’ultima intervista che ho letto, quella di Pupi Avati”

Che dice in tal senso?

Tutto è nato da una lettera aperta che ha scritto alla Rai, con cui ha chiesto di cogliere l’occasione, per essere ambiziosi, stravolgere i palinsesti e scommettere sulla bellezza. Ha proprio battuto sul tema della parentesi, da tanti invocata, affermando al contrario che bisogna ritrovarci più consapevoli quando l’emergenza sarà passata. Un’intuizione formidabile che, peraltro, ha raccolto il dato della quotidiana esperienza di questi lunghi giorni dove, sia nella diffusione mediatica ad ampio raggio sia nel piccolo scambio dei social, al compensatorio “cazzeggio” si è associata la comunicazione della bellezza, con l’arte, con la musica, con la poesia. Forse aveva davvero ragione Dostoevskij: sarà la Bellezza a salvare il mondo. Sono d’accordo con lui: l’opportunità che ci è consegnata in questa tragedia va sfruttata.

E nel frattempo?

“Viviamo l’oggi, ma con la consapevolezza che stiamo già costruendo il domani, cercando magari di non regredire, come Freud ci mette in guardia”.

 

 

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here