Pina Suriano: esempio di santità laicale

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di Luciano G. Carota

Quando Giovanni Paolo II, domenica 5 settembre 2004 nella spianata di Montorso – Loreto, proclamò beata Pina Suriano quanti avevano a cuore nella Chiesa il risveglio di una nuova stagione del laicato si rallegrarono fortemente. Ed io con loro! Un laicato chiamato a vivere la vocazione universale alla santità che il Concilio (L.G. 40) aveva riproposto con forza. Una santità sul modello del Signore Gesù, possibile a tutti, di “qualsiasi condizione”, aperta a quanti desiderano intraprendere un cammino di amore che scaturisce dall’essere in forza del battesimo veramente figli di Dio e“compartecipi della natura divina e perciò realmente santi”. Ed è su questa strada che la Chiesa indica l’esempio di Pina Suriano, una laica santa “della porta accanto”.
Come si è cercato di evidenziare nei libri scritti su questa straordinaria figura, il percorso di Pina Suriano si presenta come una sottile trama di diverse scelte vocazionali: la sua vita interiore, in primo luogo, è una continua ricerca della “volontà di Dio”, che si avvale, insieme alle forme tradizionali di raccoglimento e di meditazione, di una buona guida spirituale. Scriverà così: “A preferenza degli altri dobbiamo farci sante, poiché abbiamo ricevuto una grazia non concessa ad altri, al far parte cioè della Gioventù Femminile dove i mezzi e gli aiuti, per l’opera della nostra santificazione, sono abbondanti e sostanziosi. […] Perché essendo chiamate all’apostolato in qualunque stato s’incolonnerà la nostra vita, dobbiamo essere prima noi ripieni dello Spirito di Dio per poterlo comunicare agli altri”.Ed eccoci alla radice che è l’anima di tutta l’azione apostolica di questa laica cristiana,la radice vera del suo impegno di pensiero e di azione, al servizio dell’Azione Cattolica, nei suoi organismi locali diocesani e nazionali, e dell’associazione “Figlie di Maria”da lei fondata.
In questi ultimi anni, sempre più frequentemente,la Chiesa, con i suoi riconoscimenti ufficiali, propone alla venerazione e all’imitazione del popolo cristiano figure di cristiani laici come appunto la Beata Pina Suriano e altri laici di cui sono state avviate le cause di beatificazione: De Gasperi, La Pira etc. Se infatti ci sono stati momenti nella storia della Chiesa in cui i modelli di santità che venivano proposti erano soprattutto quelli di martiri o di monaci… oggi fa piacere constatare come anche la condizione di vita laicale viene offerta come modello di riferimento di una radicale esperienza cristiana, come luogo in cui è possibile realizzare la santità e l’incontro con il Signore. Anche se credo sia meglio parlare di modelli al plurale, piuttosto che di modello laicale di santità, poiché è talmente varia l’esperienza concreta di ciascuno di noi, che è decisamente impossibile – al di là delle coordinate essenziali dell’essere cristiani – trovare un unico modo di vivere la santità. Del resto le figure di santi o di beati laici che la Chiesa ha proposto negli ultimi anni ci aiutano a capire tale diversità, dovuta al fatto che si diventa santi all’interno delle condizioni concrete della propria vita, per cui la santità è legata alla maternità o alla politica o alle scelte di vita cristiana vissute dai giovani. Proprio questa impronta dell’esistenza nel cammino della vita cristiana ci aiuta a capire che non esiste un modo laico di farsi santi, bensì una grande varietà di percorsi personali così com’è varia e multiforme è l’esperienza concreta della vita dei laici; e di questo Pina Suriano ne è un validissimo esempio.
Ogni battezzato è chiamato alla santità; questa chiamata è prima un dono che un compito: nel sacramento egli ha già ricevuto la santità, per gratuita iniziativa di Dio. La santità non è privilegio di pochi, ma possibilità per tutti. Dio, presso il quale non vi è preferenza di persone (cf. Ef 6,9), chiama tutti gli uomini a divenire suoi figli. Per questo la vocazione alla santità è universale: esprime la volontà di Dio di rendere tutti gli uomini parte del suo popolo. La santità è un dono: Dio, il solo Santo, rende l’uomo partecipe della sua santità; all’uomo riceverla dalle sue mani, viverla e custodirla. Ed è il Dono di Dio che attiva dentro la vita dei battezzati energie di disponibilità, di risposta, di adesione ad esso; dice il concilio che: «un’unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adoranti in spirito e verità Dio Padre, seguono Cristo povero, umile e carico della croce per meritare di essere partecipi della sua gloria». Il concilio afferma che, in quanto battezzati, i laici sono resi partecipi dell’ufficio sacerdotale di Cristo. Inseriti per il battesimo nel mistero di Cristo, i battezzati «vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici». Dunque ogni battezzato è sacerdote: ciò che lui offre è la vita di Cristo e, in lui, la sua stessa vita: «tutti i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio, offrano sé stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio, rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della loro speranza nella vita eterna. […] I fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all’oblazione dell’eucaristia, ed esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, coll’abnegazione e l’operosa carità».
Fare della propria vita un dono, come il Signore Gesù, significa anche annunciarne il mistero e acquisire quella signoria sulla realtà e sulle cose che può avere solo chi ha deciso di mettere la sua vita a disposizione di Dio. Mi piace concludere con una preghiera del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, Fondatore del Movimento Pro Sanctitate e apostolo della chiamata universale alla santità:

Preghiera povera
Signore Gesù, santo di Dio
che a tutti hai indicato come ideale di vita
la perfezione del Padre,
siamo dinanzi a te
nel desiderio di attuare i tuoi insegnamenti
e seguire il tuo esempio divino.
Vorremmo gridare a tutti e dappertutto
quanto tu ci hai rivelato
e cioè che il Padre amore
ci ama infinitamente
e chiede a noi, come risposta,
il massimo del nostro amore.
Tu sai però quanto deboli siano le nostre forze
e scarse le nostre capacità.

Possiamo offrirti
solo la nostra povera preghiera.
Accettala tu
come espressione di un cuore che ama
e desidera che in tutti
si desti la fame di tale amore.
Ci hai promesso lo Spirito divino,
fuoco di santità;
concedilo ancora oggi, a noi e a tutti,
perché diventi sorgente
di quel desiderio di amore totale
che sempre bruciò nel cuore di Maria.
È nella preghiera della nostra madre divina
che confidiamo perché fiorisca,
in noi e nel mondo,
una primavera di santità. Amen.

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